Isola di Linosa

L'isola di Linosa, di origine vulcanica e dal caratteristico colore nero, è coperta da una bassa vegetazione, dalla quale spiccano i colori vivaci delle tipiche abitazioni del paese posto a SW dell'isola. Linosa ha una superficie di 5,3 kmq ed una popolazione di circa 500 persone dedite in buona parte all'agricoltura (capperi, lenticchie). Terrazze coltivabili sono state strappate dall'uomo ai rilievi vulcanici, le cui cime più alte sono: Monte Vulcano (m. 195) a Sud, Monte Rosso (m. 186) a Nord e Monte di Ponente (m. 107) ad Ovest che scende a picco sul mare. Le coste sono rocciose, basse e nere, con punte sottilissime e costellate di numerosi scogli. Fondali bellissimi circondano tutta l'isola. Una secca coperta da m. 4 d'acqua si trova a circa m. 400 ad est di Punta Calcarella, un'altra si trova, invece, in prossimità della costa di Punta Arena Bianca, a 220 metri a ponente dallo Scalo Vecchio.


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La vita dell’isola e i suoi abitanti



Storia
L’isola di Linosa, nel corso dei secoli, è stata battezzata con differenti nomi. Plinio il vecchio (23-79 d.C.) parla di Aegusa e di Aethusa come se si trattassero di sinonimi indicanti una sola isola, mentre le tavole del geografo egiziano Tolomeo Claudio (160 d. C.) dimostrano convenire tali nomi a due isole diverse. Francesco Maurolico (1494-1575) la chiama Lanuresia, Domenico Fazello (1498-1570) Lenusa; il Gaullier (1821) la chiama Larniusa e, infine, altri le danno il nome di Algusa. Il cavaliere Bernardo Maria Sanvinsente, capitano di fregata e primo governatore delle isole Pelagie, in una sua relazione scritta nel 1849, finalmente la chiama Linosa.

Si ritiene, che nell’isola si avvicendarono varie popolazioni, e tra esse i Romani al tempo delle guerre puniche, come viene confermato dalla presenza di 150 cisterne localizzate vicino ai pendii dove la superficie lavica è liscia, costruite appunto per la raccolta dell’acqua piovana. Esse dimostrerebbero, pertanto, l’uso dell’isola, da parte dei romani, come base strategica per le loro spedizioni contro Cartagine, nel periodo che va dal 264 al 164 a.C. Alla dominazione romana si susseguirono, probabilmente, altre dominazioni come quella dei Fenici, degli Arabi e dei Saraceni.

Dal IX al XV secolo non si hanno più notizie relative a Linosa, finché nel 1530 il re di Napoli Alfonso V d’Aragona concesse a Giovanni de Caro, dei baroni di Montechiaro, il feudo di Lampedusa e Linosa. Per circa tre secoli, l’isola rimase disabitata e servì come porto di fortuna della pirateria mediterranea. Il capitano Smith, che arrivo nell’isola agli inizi dell’Ottocento, dichiarò di averla trovata deserta e priva di qualsiasi presenza di mammiferi. E’ solo nel 1839 che il governo borbonico decide di colonizzare le isole di Lampedusa e Linosa (divenute nel frattempo ormai bosco selvatico e disabitato), che il Principe Tommasi di Lampedusa aveva venduto al re Ferdinando II per il prezzo di 12.000 ducati. Fu emanato un bando tra i sudditi del Regno delle Due Sicilie con il quale si cercavano volontari disposti a trasferirsi nell’isola, con la promessa dell’utilizzo di tutto il terreno coltivabile e la rendita (durata una cinquantina di anni) di tre tari al giorno (monete arabe e normanne imitate dalle zecche dell’Italia Meridionale del valore di 40 centesimi. Vi aderì un primo nucleo composto da alcune famiglie di abili artigiani (circa trentatré persone), provenienti da Ustica, Agrigento e Pantelleria, tra cui le famiglie La Russa, Cavallaro, e Remirez. Essi sbarcarono a Linosa il 25 Aprile 1845, accompagnati dal capitano di fregata Cavaliere Bernardo Maria Sanvinsente, che prese possesso dell’isola con la carica di Governatore. Tra i primi coloni vi erano anche Menelao Calcagno, un deputato sanitario con funzioni di Sindaco, il Sacerdote Agostino Amato ed il dottore Pasquale Bonadonna. Gli inizi, per quel nucleo che creò il primo insediamento stabile, non furono certamente facili, sia per la mancanza di sorgenti d’acqua, sia per la difficoltà di produrre quanto necessario al fabbisogno personale e familiare, ed infine, per la sporadicità delle comunicazioni con la Sicilia. Da quel primo nucleo di poche decine di persone la popolazione piano piano si ingrandisce, grazie ai matrimoni tra gli stessi membri ed all’arrivo di altra gente, fino a toccare, ormai da tantissimi decenni la cifra attuale, che si aggira attorno alle quattrocentocinquanta unità. Dai discorsi delle persone più anziane che hanno ancora vivo il ricordo dei loro nonni emerge una storia fatta da persone che hanno vissuto tra enormi sacrifici, ma che hanno saputo esprimere un enorme coraggio ed una invidiabile capacità di adattamento.


Finalmente, con gli inizi degli anni sessanta Linosa comincia a cambiare volto. Arrivano seppure con notevole ritardo rispetto alla vicina Sicilia, le prime innovazioni tecnico-scientifiche accompagnate dalla scoperta, da parte dei primi turisti, di questa terra selvaggia e generosa, così prossima eppure così distante dal clamore e dal progresso della “terraferma”. La SIP installa nel 1963, la prima centrale telefonica mentre, esattamente il 23 Febbraio del 1967 entra in funzione una centrale elettrica gestita dalla SELIS (Società Elettrico Industriale Siciliana), con l’inaugurazione della rete pubblica. L’allacciamento privato si avrà un anno dopo, il 28 Febbraio del 1968. Sempre in quell’anno viene inaugurato il nuovo edificio dell’Asilo Infantile dedicato a Pietro Tavani, nonché quello che ospiterà la Scuola Elementare e la Scuola Media. Nel 1973 entra in funzione un dissalatore della SELIS, che, con i 50 mc di acqua potabile che può fornire giornalmente, ha risolto in buona parte la richiesta di approvvigionamento idrico. Fino a quella data, infatti, i Linosani avevano, come unica risorsa, l’acqua piovana raccolta in capaci cisterne che bastava appena per l’uso domestico, mentre i campi risentivano della carenze di piogge, spesso insufficienti a garantire i già modesti raccolti previsti.

A cambiare radicalmente le abitudini dei Linosani, nel 1976, arriva anche la RAI, che installa un ripetitore per i primo ed il secondo canale, e quattro anni dopo, la FININVEST, con un ripetitore di Canale 5, Italia 1 e Rete 4. Vengono costruiti moli di attracco a Scalo vecchio, Pozzolana di ponente e Mannarazza (inaugurati nel 1984), cosi che il 16 Febbraio 1985, per la prima volta, la nave traghetto “Paolo Veronese” può attraccare alla banchina di Scalo Vecchio. Fino a quella data le navi di linea ancoravano al largo ed il trasporto di passeggeri e merci avveniva tramite una grossa barca. Nel complesso, l’isola ha acquistato una decorosa vivibilità, nonostante rimanga ancora molto da fare soprattutto per quanto concerne i servizi sociali.

Arte & Cinema

Giovanni Confortini
Artista in Linosa.

Completa gli obblighi scolastici e lavora per anni, come contabile, presso studi e aziende bresciane private, coltivando da sempre la passione per l’arte pittorica. Il 1989 sarà l’anno in cui, per caso, scopre il “trompe l’oeil” attraverso riviste di arredamento. Ne viene affascinato mettendo successivamente alla prova le sue capacità artistiche che meglio si identificano nella pittura. Presto l’hobby si trasforma in lavoro effettivo a seguito dei consigli e delle richieste di lavoro da parte di amici che rimangono a loro volta affascinati dalla crescente abilità e dalla particolare fantasia creativa.
La sensibilità per il particolare è l’elemento base per i lavori dell’artista, che riesce a vedere al di là del suo soggetto; questo non può mai passare inosservato, coinvolgendo il fruitore dell’opera in un inganno, data l’iper-realità delle sue costruzioni, o stimolando sensazioni metafisiche al più attento ed incuriosito spettatore.
La bellezza anima le forme create da Confortini, autore che riesce ad imprimere al valore stesso quella valenza che supera il senso che potrebbe giustificare l’opera, il suo significato, per divenire, l’opera stessa, il significante, assoluto concetto autonomo valido per il mero fatto che faccia piacere il solo vederla.
L’uso del colore è totale e raffinato nel contempo; gli equilibri nella composizione riportano ad esperienze di altri tempi, l’armonia del risultato finale è appagante.
La tecnica utilizzata è in prevalenza quella dell’acrilico su tela o su pannelli telati di varie misure.
Dall’ambito della sua galleria personale nel centro di Brescia e dei salotti bresciani, l’artista si è trasferito, per la particolare predilezione della luce e dei colori, nonché per una ricerca mediterranea, nei luoghi più incontaminati delle isole del sud Italia (le Pelagie) dove sta seguendo un’esperienza di approfondimento “en plein air” impossibile ad altre latitudini e consona al suo spirito libero e deciso che ci riporta al fascino convincente di pittori dei secoli passati.

www.giovanniconfortini.it


Terraferma
Un film di Emanuele Crialese.

È la storia di un'isola siciliana, di pescatori, quasi intatta. Appena lambita dal turismo, che pure comincia a modificare comportamenti e mentalità degli isolani. E al tempo stesso investita dagli arrivi dei clandestini, e dalla regola nuova del respingimento: la negazione stessa della cultura del mare, che obbliga al soccorso. Una famiglia di pescatori con al centro un vecchio di grande autorità, una giovane donna che non vuole rinunciare a vivere una vita migliore e un ragazzo che, nella confusione, cerca la sua strada morale. Tutti messi di fronte a una decisione da prendere, che segnerà la loro vita.
Il regista Emanuele Crialese racconta “Terraferma” (www.marieclaire.it)
Foto della presentazione del film a Linosa (repubblica.it)
68a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (recensione di Giulia Bramati)


Cucina

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Clima-Flora-Fauna

Il clima è per i linosani il problema base della loro esistenza; più che in ogni altro paese la vita, la possibilità di lavoro e di guadagno, sono condizionate da cause imprevedibili, quali possono essere le condizioni atmosferiche e le loro variazioni. Trovandosi, l’isola di Linosa, ad una longitudine compresa tra il 35° e il 36° parallelo, e ad una latitudine tra il 12° e il 13° meridiano, a 165 km dal continente africano (capo africa-Mahdia), a 167 Km a sud dalla Sicilia (Licata), a 121 Km a sud-est da Pantelleria ed a 118 Km ad ovest di Gozo (Malta) gode di un clima prettamente mediterraneo, sicuramente quello più favorevole ad una lunga vacanza, con estati calde che raggiungono anche i 40° all’ombra, ma mitigate dalla brezza marina, ed inverni miti durante i quali la colonnina di mercurio non scende quasi mai al di sotto dei 10°, con un cielo che si mantiene quasi sempre azzurro e terso.



La flora annovera più di duecento specie significative. La macchia bassa è spiccatamente xerofila, con formazioni costituite prevalentemente da lentisco (pistacia lentiscus) un arbusto sempre verde alto da 1 a 2 metri. Da maggio ad agosto sono in piena fioritura il timo (thimus capitatus) pianta medicinale ed aromatica, la cineraria marittima (senecio cineraria) ed il papavero delle sabbie (glacium flavum) che con i loro colori rosso violetto, giallo oro e giallo arancione forniscono un ulteriore nota di colore alle appendici di monte vulcano e monte bandiera. Su vaste zone sabbiose del litorale tra arena bianca e pozzolana di ponente da luglio ad ottobre fiorisce il giglio marino (pancratium marittimum) una tra le piante più ornamentali dei litorali sabbiosi mediterranei, dai fiori bianchi e molto profumati. Coltivato in tutta l’isola è il cappero (capparis spinosa) una pianta condimentaria di notevole bellezza dalle quali si utilizzano le gemme che vengono raccolte in estate. I fiori presentano petali bianchi o rosati ma la fioritura dura dalla sera alla mattina. Diffusissimi sono il tabacco selvatico (nicotiana glauca) un arboscello eretto dai fiori gialli tubulati e lunghi; il ginestrino delle scogliere (lotus cytisoides) e l’asparago spinoso (asparagus acutifolius) le cui bacche possiedono notorie proprietà diuretiche e sedative del cuore. In primavera le campagne si arricchiscono di manti di matricale giallo (chrysantheum coronarium) di matricale coronario (chrysantheum coronarium var discolor) nonché di malva reale (canatera arborea). Presenti in tutta l’isola e adoperati anche come essenza da rimboschimento sono la acacia a foglie lunghe (acacia longifolia) dai fiori giallo oro, la tamerice (tamarix africana), resistente alle coste salmestre ed all’azione del vento, e il mioporo (myoporum insulare), un arbusto sempreverde dai fiori bianchi.

Notevole, infine, la presenza di muschi e licheni dei generi xantoria e roccella. I fondali ospitano una biocentesi subtropicale ancora incontaminata. Anche una semplice immersione sottocosta può permettere di ammirare, grazie alle acque eccezionalmente trasparenti, splendide fioriture di astrydes calycularis dallo smagliante colore arancione, e spugne di vario colore, gialle, blu, rosse.


La fauna terrestre dell’isola si rivela molto interessante per la presenza di specie endemiche come la lucertola filfolense (podarcis filfolensis var. algusae) e di una particolare varietà di gongilo, il chalcides diomeda, entrambi melanici per adattamento all’ambiente lavico. Nell’isola sono presenti, inoltre rari coleotteri e specie interessanti di ditteri, mentre la quasi totale mancanza di api e di vespe rende praticamente impossibile l’impollinazione di alcune specie vegetali.

Di particolare interesse è l’avifauna, in quanto l’isola rappresenta sito di nidificazione di numerosi uccelli marini come la berta minore (puffinus puffinus), il gabbiano reale, il gheapo, l’occhiocotto, la passera mattuggia, il fanello e l’assiolo (Otus scops), un piccolo gufo insettivoro dialettalmente conosciuto con il nome di “cuccareddru”. Molte risultano le specie di transito poiché’ l’isola è situata su una delle principali rotte di migrazioni.

Linosa è inoltre, punto eccezionale di osservazione soprattutto per la presenza della berta maggiore, uccello con abitudine pelagica, nel senso che passa la sua vita in mare aperto e ritorna a riva soltanto durante la stagione riproduttiva. La berta maggiore si nutre di piccoli pesci di superficie, di gamberi e calamari, catturati anche con piccole immersioni. Il volo e caratteristico: le berte sono dei veri e propri veleggiatori del mare, percorrono infatti grandi distanze scivolando quasi sull’acqua ed alternando al volo planato battute lente e profonde delle ali. Durante l’inverno si trovano nel canale di Sicilia e nell’Atlantico mentre ritornano a terra per nidificate nei mesi di Febbraio e Marzo. A Linosa, nel mese di Aprile, la colonia e’ già al completo con oltre 10.000 coppie e, dopo il luogo rituale di corteggiamento che precede l’accoppiamento, tra Maggio e Giugno avviene la deposizione delle uova. Come nidi le berte utilizzano cavità naturali o cespugli e l’isola di Linosa offre a questi uccelli condizioni ottimali per la nidificazione. L’incubazione dell’unico uovo deposto, curato da ambo i sessi per 8-10 giorni consecutivi, ha la durata di circa 54 giorni; la schiusa avviene tra il 10 e il 20 Luglio. Il pulcino, durante la prima settimana viene coperto ad uno dei genitori giorno e notte; successivamente di giorno viene lasciato solo e visitato soltanto la notte, quando i genitori tornano al nido per nutrirlo con un liquido oleoso, costituito da un concentrato proteico di pesce semidigerito, frammisto ad una sostanza prodotta dagli stessi genitori. A Linosa, per tutta la durata della stagione riproduttiva, è possibile osservare, poco prima del tramonto, il formarsi in mare di grossi stormi in prossimità della costa. Le zone di nidificazione sono raggiunte nel pomeriggio, ma fino all’imbrunire le intere colonie formano assembramenti in mare, sempre più sotto costa. Esse entrano a terra solo quando è calato il buio. Se la luna è piena o quasi, l’entrata viene ancora ritardata fino al suo tramonto e i pochi che rientrano a terra non emettono nessun suono. Quando è buio avviene il rientro a terra, accompagnato dal caratteristico canto, un lamento simile al vagito di un neonato, dai toni più penetranti nel maschio, più rauchi nelle femmine. Entrambi sono molto canori nelle notti più buie e senza luna, ma diventano silenziosissimi al suo sorgere. Alle prime luci dell’alba avviene l’esodo in massa verso il mare. Dal caratteristico canto delle berte trae origine la leggenda che vede in questi uccelli la reincarnazione delle anime dei compagni di Diomede, condannate a vagare in mare alla ricerca del loro condottiero scomparso in battaglia.

Nel 1991 Linosa è stata inserita nel piano regionale di parchi e riserve naturali come riserva naturale orientata, con un’area di circa 81 ettari, anche per la protezione della tartaruga “Caretta Caretta”, o tartaruga comune, la quale delle sette specie di tartarughe esistenti, è la sola a nidificare regolarmente nel Mediterraneo, insieme alla Chelonia mydas, o tartaruga verde. La Caretta Caretta può raggiungere il metro di lunghezza per un peso massimo di 200 Kg, presenta un carapace di colore rosso-marrone e le femmine conseguono la maturità sessuale tra i dieci e trent’anni. Solitamente vagano per i mari ma dopo alcune settimane dall’accoppiamento ritornano verso terra per nidificare, di solito verso la stessa spiaggia dove sono nate, procedendo sicure come se conoscessero da sempre la loro meta. Con il favore delle tenebre, la femmina raggiunge la spiaggia e, trascorso un momento di immobilità, come se volesse riprendere fiato dopo la lunga marcia, con le zampe, come se fossero quattro pale che sbucano da sotto il carapace, comincia a scavare nella sabbia un fosso circolare. Piano, lavorando sincronicamente con le zampe, la tartaruga trasforma il fosso in una buca profonda circa mezzo metro mentre i suoi occhi lacrimano in continuazione, per togliere dalle pupille la sabbia sollevata attorno. Comincia, quindi a deporre le uova, dalle ottanta alle cento, simili a palline da ping pong. Finita la deposizione, la femmina ricopre la buca con la sabbia; elimina ogni traccia della presenza del nido pareggiando la terra, quindi ritorna rapidamente in acqua lasciando al calore del sole il compito di portare a termine l’incubazione. Ha compiuto la propria missione e se ne va. Dopo circa due mesi i piccoli escono dai gusci; sono lunghi appena cinque centimetri eppure, lavorando tutti insieme, riescono ad aprirsi la strada verso la superficie. Anche loro aspettano il buio per raggiungere il mare. Solamente 1 su 1000 riuscirà a raggiungere l’età adulta; gli altri diventeranno facile preda di pesci ed uccelli marini.

Nell’agosto del 2000 è stato inaugurato il Centro di Informazione e di Recupero delle Tartarughe marine nell’ambito del progetto Caretta Caretta sostenuto dal programma LIFE natura della Commissione Europea. Il centro oltre ad ospitare una mostra permanente sulle tartarughe marine, prevede al suo interno delle vasche di stabulazione e un laboratorio veterinario, questo perché capita spesso di dovere intervenire per curare esemplari malati o feriti che vengono recuperati grazie alla collaborazione dei pescatori locali.


Centro Recupero Tartarughe Marine di Linosa (CRTM)

L’associazione Hydrosphera dal 1994 studia e protegge le tartarughe marine a Linosa. Linosa è uno dei tre più importanti siti riproduttivi italiani di Caretta Caretta e d’estate sulla sua spiaggia nera, incorniciata da un’incantevole baia di cala di Pozzolana di Ponente, si ripete l’affascinante rito della deposizione delle uova e della nascita dei piccoli. Il CRTM di Linosa è uno dei più importanti del Mediterraneo per numero di esemplari curati e numerose ricerche sono state condotte in collaborazione con diverse Università italiane. Le splendide acque dell’isola ospitano inoltre almeno quattro specie di cetacei, che il CRTM ha iniziato monitorare nel 2011; tursiopi, stenelle, grampi, e delfini comuni sono le specie finora avvistate e oggetto del primo studio sui cetacei avviato a Linosa.
Se vuoi partecipare ad un campus di eco volontariato o ad un corso del CRTM, potrai vivere un’esperienza unica e contribuirai alla conservazione della natura.

Per saperne di più:

www.marineturtle.it
info@marineturtle.it
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L'isola di Linosa
Sicily, Italy
N 35° 51' 23" E 12° 52' 10"
Come Arrivare